Come è nato il DJ?

Secondo alcuni la nascita del DJ coincide con i primi esperimenti radiofonici, quando i pionieri delle trasmissioni via radio collegavano dei grammofoni a dei trasmettitori.Ciò nonostante, il vero inizio dell'attività del DJ avvenne con l'apertura delle prime discoteche in Francia durante il dominio nazista. Durante questo periodo nacquero le primissime discoteques dove venivano diffusi dischi jazz e blues provenienti dal nuovo continente nonostante il regime vietasse la diffusione di opere discografiche statunitensi. Naturalmente ci voleva qualcuno addetto a selezionare tali dischi: quel qualcuno diventerà presto il "DJ" con l'uscita allo scoperto della discoteca e l'esportazione in America negli anni sessanta dove verrà coniato il termine DJ (letteralmente "fantino dei dischi"). All'inizio il compito del dj era semplicemente quello di mettere uno dopo l'altro i dischi (acquistati dal locale) ed effettuare avvisi con il microfono. Il dj di allora percepiva una retribuzione pari o inferiore a quella di un barista.
Negli anni '70 arrivò la Saturday Night Fever (Febbre del Sabato sera), e la disco music. Insieme alla discoteca, il DJ acquisì sempre più prestigio, diventando l'artefice della buona riuscita di un evento e della buona fama di un locale. Successivamente arrivarono i tempi del Loft e la discoteca divenne luogo di amore per la musica dove la gente entrava per lasciarsi trasportare dalle atmosfere create dal DJ. Nacquero le prime star di cui il primo fu di sicuro Dave Mancuso ispiratore di un'intera generazione di frequentatori del suo Loft, lanciando grandi DJ come Larryn Levan, Kenny Carpenter, Frankye Knuckles,Nicky Siano, Francois Kevorkian e Larry Heard. In Italia nel 1975 Miki del Ciak di Bologna fu il primo a far conoscere al pubblico il genere musicale americano con la sua grande capacità tecnica nel mixaggio paragonabile solo ai migliori DJ d'oltreoceano.
Infatti, furono gli americani gli inventori del movimento house music che dette il "la" a tutto un immenso filone di musica elettronica, prodotta dal DJ stesso. Da quel momento il dj assunse il ruolo di sperimentatore sonoro nonché di funambolo del mixaggio con l'introduzione del mix "in battuta", tecnica che consiste nel far combaciare perfettamente le battute di tempo di due dischi in sincronia (battute espresse in bpm, ovvero battiti per minuto).
A metà degli anni '80 arrivò Carl Coks che fu uno dei pochi ad usare in una serata ben tre piatti, di cui due per mixare e uno per creare effetti, o inserire nella selezione delle versioni "a cappella" di canzoni per creare dei veri e propri remix dal vivo.



Alla fine degli anni '70 nasceva nei ghetti neri del Bronx e di Harlem un'altra interpretazione dell'arte del DJing: il turntablism, ora una delle discipline della cultura hip hop, di cui capostipite è Kool Herc, seguito da Grandmaster Flash che perfezionò le tecniche di mixaggio con due piatti proposte da Kool Herc; questa complessa arte si svilupperà (soprattutto nella cultura hip hop) fino a far diventare il giradischi un vero e proprio strumento musicale, capace di produrre dei suoni con il movimento manuale ripetuto del disco sul platter, il cosiddetto "graffio" della puntina o scratch. Con abili movimenti sul cross-fader con una mano, e sul disco con l'altra mano i Dj che praticano turntabilism riescono in questo modo a creare note, nuovi ritmi e suoni. (da citare il gruppo italiano di turntabilism "Alien Army")

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